ETA spa – Dare un’anima al metallo
La ETA spa di Canzo è un’azienda leader nella progettazione, costruzione e distribuzione di contenitori metallici per l’elettronica e l’elettrotecnica. In pratica, si va dalla piccola cassettina da bordo macchina ai grandi armadi che ospitano componenti per l’automazione industriale.
Noi abbiamo seguito ETA dal 1998 fino al 2022. Nei primi anni ci occupavamo della progettazione degli stand per le principali fiere europee e della produzione di tutta la documentazione tecnica necessaria a un’attività di questo tipo. Erano tempi “eroici”, in cui fotografare un armadio poteva richiedere anche due giorni e una squadra di almeno sei persone.
Un problema comune:
l’immagine non all’altezza del prodotto
Come molte aziende della Brianza, anche ETA aveva un “problema”: un prodotto di altissima qualità, ma un’immagine che non lo rappresentava adeguatamente.
Verso la fine del primo decennio degli anni 2000, l’azienda fece un investimento importante sul prodotto e sviluppò un armadio davvero unico, sia per la costruzione che per i trattamenti superficiali.
Una scelta coraggiosa: umanizzare il metallo
Con la proprietà decidemmo di intraprendere una strada che, all’epoca, sembrava rischiosa ma si rivelò vincente: dare agli armadi — fino ad allora semplici strutture in lamiera identificate da sigle tecniche — un’anima.
A partire da quel momento, tutti i prodotti ETA avrebbero avuto un nome proprio, non più un codice. Un nome che iniziasse con la lettera E, in omaggio al nome dell’azienda, seguito da una parola latina che raccontasse il carattere e la funzione del prodotto.
Il primo armadio, presentato nel 2010 al Grand Hotel di Como, lo chiamammo ENUX, dal latino nux, ovvero “noce”.
Perché in latino? Perché noce?
La scelta del latino non era casuale: volevamo sottolineare l’origine italiana del prodotto, collegando idealmente il lavoro dei tecnici ETA alla tradizione delle grandi menti del nostro Paese, da Leonardo da Vinci in poi. Un modo per legare la bellezza e la cultura alla precisione dell’industria.
E poi la noce è ciò che la natura offre di più duro e resistente a protezione del frutto. Se ne rompete una, noterete come l’interno — il gheriglio — ricordi le sinapsi del cervello. Un’immagine perfetta per un armadio industriale: custode e protezione del “cervello” che governa l’impianto.
Lo scetticismo… e poi il colpo di scena
Quando annunciammo alla rete vendita che i nuovi armadi non avrebbero avuto più sigle, ma nomi in latino, nella sala calò il gelo. Erano abituati a codici come G420, SLX300, EP1. L’idea di proporre un prodotto industriale con un nome “classico” sembrava un azzardo incomprensibile.
Allora presi la parola e dissi:
“Lo so, amate le sigle. Anche Porsche ha sempre usato numeri: 911, 924, 356… ma secondo voi, Ferdinand Porsche avrebbe mai usato il latino?”
Si guardarono tutti in faccia, perplessi. E proprio in quel momento feci partire un filmato del 1900: la presentazione della prima Porsche elettrica della storia. Nome?
Semper Vivus.
In latino.
Silenzio. Poi un sorriso. Avevamo rotto il ghiaccio.
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